Sono entrata nella San Giorgio un po’ trafelata. Ero stanca. Avevo girato come una trottola durante il mio weekend per Buongiorno Ceramica nelle Albisole e, confesso, pensavo di aver già abbastanza materiale su cui lavorare e che una fabbrica in più o o in meno non avrebbe fatto la differenza. Eppure…appena entrata mi è bastata un’occhiata per capire di essere in un luogo speciale. Ad accogliermi, c’era tutta la famiglia Poggi e parte del suo entourage: il sorriso dolce di Simona, la cortesia di Silvana Priametto, l’ironia di Roberto Giannotti, l’umiltà del patron Giovanni, e la parola calma e confortevole di suo fratello Piero. Intorno a noi si svelava pian piano una storia fatta di grande idee, intuizioni, passione e lavoro.
Sul muro, campeggiavano piatti che di per sé ricapitolavano l’evoluzione stilistica di mezzo secolo. Un po’ alla rinfusa poi saltavano fuori segni e tracce che mostravano quanto quell’enorme laboratorio fosse in realtà un tempio sacro dell’arte. Ogni oggetto, ogni dettaglio alla San Giorgio parla. Memorie familiari si mescolano a fatti che ormai appartengono alla storia. Come quei segni di matita sulla parete, che un occhio distratto neanche vedrebbe. “E’ stato Lucio Fontana”, mi dice Piero, “quel giorno non aveva un foglio a portata di mano e ha schizzato la sua idea sulla parete“. Superato lo stupore, ho pensato che in realtà quello del maestro del taglio nella tela sia stato un atto voluto: un modo per dimostrare il suo affetto a quella casa di ceramica e lasciare la sua impronta.
E del resto di impronte è pieno il laboratorio. Intorno a noi, era tutto un proliferare di vecchie fotografie, locandine, libri, ritagli di giornale, forme e calchi, colori e solventi. Avrei passato l’intera giornata a curiosare lì dentro fra novità, cimeli e ricordi intrecciati strettamente l’uno all’altro come in un grande opera del Nouveau Réalisme. Fra le tante immagini mi ha colpito quella di un gruppo di ciclisti – Piero mi ha spiegato – si trattava di una foto di Giovanni Poggi che, fra le tante passioni, coltivava anche quella della bicicletta. Seguendo il filo dell sue parole, a mano a mano andava formandosi nella mia mente il ritratto vivace e brillante di questa figura dai contorni quasi mitologici nelle Albisole. Nel frattempo Giovanni tornava a sedersi nella stanza di ingresso, con quell’atteggiamento un po’ chiuso ma genuino che si dice essere tipico dei Liguri, rinnegando ogni merito che gli veniva attribuito. Eppure “è stato lui – ha continuato a raccontarmi Piero – a fondare la San Giorgio nel 1958 insieme a Eliseo Salino e Mario Pastorino”. Poi, l’anno successivo un evento inaspettato trasformava la sua bottega da laboratorio artigiano a fucina d’arte. Quell’evento, fu l’incontro con l ‘artista danese Asger Jorn.
Asger Jorn nella fabbrica dei sogni
Jorn, fondatore di uno dei movimenti che più apprezzo di tutto il contemporaneo, il gruppo espressionista astratto CO.BR.A, si era trasferito qui per motivi di salute chiamato da Enrico Baj ed altri artisti dal pensiero libero (vedremo poi dove!). In quel periodo stava cercando una fornace per cuocere una delle sue opere più impegnative: il pannello per lo Stadtgymnasium di Aarhrus nello Jutland e Tullio Albissola (alias Mazzotti) lo indirizzò proprio alla San Giorgio. L’alto rilievo di Ahrhus era grande più di 90 metri quadrati, la sua cottura era a tutti gli effetti una sfida e soltanto un forno di dimensioni notevoli avrebbe potuto ospitarlo. A ben vedere, quella costruzione, oggi non più in uso e convertita in un magazzino assiepato di scatoloni, vernici e pigmenti, è più grande del mio salotto e quando Piero mi ha portato al suo cospetto non è stato difficile immaginare l’incredulità, l’ammirazione, il senso di appagamento di tutti quelli che avevano contribuito a quell’impresa titanica. C’era una foto poi, appesa lì accanto, che congelava quel momento: i pannelli sono stesi in terra e Jorn, Giovanni e molti altri ammirano l’opera. Se ne intuiva la grandezza, tale da occupare quasi tutto l’esterno del capannone, e mi è parso di sentire i pensieri che frullavano in quelle teste: calcoli, stime, speranze. Non ci è voluto molto a farmi venire voglia di salire su un aereo diretto ad Aarhus per vedere quel capolavoro. E non è detto che non lo faccia.
D’altra parte il Danese assieme alla forza espressiva del nord e al suo approccio vitalistico alla materia portò venti di tempesta nelle Albisole. A quell’epoca le manifatture erano per lo più rivolte alla produzione di ceramica tradizionale e soltanto uno spirito illuminato poteva cogliere la portata di quel cambiamento. Quello spirito aleggiava in alcune personalità elette, fra cui c’erano sicuramente Tullio Mazzotti e Giovanni Poggi, appunto. Se il grande artista scandinavo fu il primo anello di una catena che portò sotto il sole della Liguria Serge Vandercam, Wifredo Lam e molti altri, quella catena era sorretta dal fondatore della San Giorgio.
E certo, con un passato del genere, la famiglia Poggi avrebbe potuto incrociare le braccia e sedersi a contemplare le vecchie glorie. Ma Asger Jorn non aveva sbagliato a nominare quel posto la “Fabbrica dei Sogni” perché quella capacità di guardare avanti e di tracciare sentieri inediti fa parte della genetica della famiglia e oggi è la nipote Simona Poggi a scrivere un capitolo tutto nuovo per la storica manifattura.
Dalla ceramica alla moda
Lei, insieme al designer Roberto Giannotti, coltivava il sogno – letteralmente – di coniugare l’antica arte della ceramica con l’universo del fashion e del design. Nasce così il brand Byrsabag: eleganti borse in pelle impreziosite da dettagli in ceramica cotti a gran fuoco nella fabbrica di famiglia. Quasi un gioco all’inizio, ma preso molto sul serio per dar luogo a pezzi unici autenticamente made in Italy. Ognuno di essi scelto con cura nelle pelletterie fiorentine, decorato e rifinito a mano in ogni step della lavorazione.
Me lo hanno raccontato gli stessi Simona e Roberto mostrandomi i particolari di quelle raffinate borsette allineate sul bancone di lavoro, proprio davanti alla collezione di piatti d’artista di cui sembravano la naturale continuazione. Ho riconosciuto la deliziosa miniatura del vaso in ceramica tipicamente albisolese, oppure l’acciughina, anch’essa leit motiv delle decorazioni locali. Oltre agli esemplari in pelle, facevano bella mostra di sé le nuove borse in paglia, rifinite con delicate pitture dal design fresco e dai colori sgargianti. A guardarle, veniva voglia di prenderle e andare in spiaggia con un bel libro e un telo da mare. E senz’altro hanno tutto il sapore dell’estate i byrsasandali. Si tratta della nuova linea di calzature che, portando avanti il cammino intrapreso con borse, si arricchiscono degli stessi graziosi manufatti ceramici prodotti nella San Giorgio. Lì spuntava il rosso di un papavero, là lo sbocciare di una margherita, per finire con un tripudio di cuori.
A quel punto la mia visita era terminata. Uscendo dal negozio mi sono fermata a osservare l’insegna: non deve essere un caso – ho pensato – se quella fabbrica ha visto la luce proprio il 23 aprile, festa di San Giorgio. Perché un po’ di quell’attitudine guerresca e di quella perseveranza propria del cavaliere si è infilata sotto la pelle della famiglia Poggi. E la ceramica qui prende sempre una forma nuova: sia essa un vaso, una scultura… o un accessorio di moda.
Informazioni pratiche
La Ceramiche San Giorgio si trovano ad Albissola Marina, in via Matteotti 5r. La struttura è parte del MUDA (Museo diffuso Albissola). All’interno si possono trovare le famose “palline di Natale” ideate da Giovanni Poggi e imitate da molti ceramisti. Le Byrsabag e i Byrsasandali o (Albisolas) saranno presentati sabato 09 giugno alle 18.30 presso la pelletteria “la Vigevanese” di Albissola Marina, nell’ambito del Festival della Maiolica di cui abbiamo parlato nel precedente articolo sulle Albisole.
Post in collaborazione con Buongiorno Ceramica: la festa della ceramica, in 40 città italiane, coordinata dall’Associazione Italiana Città della Ceramica per promuovere e divulgare il valore della ceramica in Italia. Info: Buongiorno Ceramica.
Adoro gli articoli che parlano dell’artigianato locale e del Made in Italy. Abbiamo un immenso patrimonio che va preservato e condiviso, brava!