C’è una scala a Villa Lario: tanti gradini che si srotolano nella roccia e uno dopo l’altro portano giù. Man mano che si scende si cambia prospettiva e ci si avvicina sempre più al blu avvolgente del lago. Giunti alla fine si conquista la passeggiata e, poi, ancora, un piccolo pontile direttamente sulle acque increspate. Davanti a noi si erge, maestosa, la montagna. Quasi un fiordo, si direbbe. Ma a riportarci immediatamente in Italia ci pensano i profili inconfondibili dei borghi, con i loro campanili e le loro case pastello e le magnifiche forme delle famose ville sull’altra riva. Percorrendo pochi metri si giunge a un minuscolo porticciolo: qui, qualche barca e una coppia pigra di cigni, sono l’unica compagnia. Sarà per il tempo grigio, ma questo luogo mi sembra la cornice perfetta per  lasciar vagare libera la mente che si sofferma prima sul cucuzzolo della vetta e quindi riparte seguendo il ritmo dolce delle onde. Forse,  proprio da queste riflessioni è  partito anche l’artista le cui sculture ornano l’interno della villa. Fra queste, ce n’è una che mi colpisce: una figura umana, in bronzo, eretta su un piedistallo, ma con le fattezze di un grumo di terra. Fragility, si intitola, e non posso non pensare che la forza del paesaggio tutto intorno a noi non sia complice, in qualche misura, del punto di vista esistenzialista dell’autore.
Del resto, a Villa Lario l’arte permea molti campi del vivere umano e fra questi, sicuramente, un posto di prim’ordine lo occupa la cucina. E’ qui, infatti, in occasione dell’annuale assemblea dell’Associazione Italiana Travel Blogger, in compagnia di Michaela di Tutto Gusto e Claudio di Domenica da Clà, che ho scoperto le qualità estetiche che porta in sé un piatto. Anzi, dovrei dire “sinestestiche”, perché le portate  realizzate per noi dallo chef Michele Tamburrino, sono davvero un’esperienza multisensoriale.

C’è un’attenzione alla composizione, al bilanciamento di forme e colori che non ha nulla da invidiare al più raffinato dei dipinti. Nulla è lasciato al caso: il viola delle patate contrasta col giallo della tempura, richiamato da quello della salsa. Lo stesso succede con il verde delle decorazioni che arricchiscono l’arazzo cromatico su cui  spicca il rosso della carne, protagonista indiscusso della tavolozza. Tutto questo lo scopriamo guidati da Claudio che aggiunge: “ogni piatto è una storia” e il nostro compito, quindi, è quello di ascoltare ciò che ci suggerisce e di riuscire a trasmettelo. E’ qui che un ruolo importantissimo lo gioca l’altra subilime forma d’espressione che impariamo a conoscere meglio in questo weekend: la fotografia. Per riuscire a captare l’anima di un piatto bisogna prendersi del tempo, studiarlo, entrarci in sintonia. Esattamente come ci ha consigliato questa mattina Giorgio di Stopdown Studio per quanto riguarda i ritratti. Mi ritrovo dunque a pensare a quante volte io mi sia imbattuta in un piatto e l’abbia ingurgitato senza badare minimamente a queste caratteristiche facendo un torto meschino non soltanto a chi l’aveva preparato, ma anche a me stessa. A ben vedere, tuttavia, la bellezza dell’arte culinaria, non diversamente da una performance, risiede proprio in questo: nella sua estemporaneità. Ed ecco il senso di questa nuova consapevolezza, la “fragility”, appunto.O, forse,  queste sono soltanto considerazioni partorite da una testa sedotta dalla natura placida e meditativa del lago. E sì, anche dalla pioggia. Quella stessa pioggia che bussa sui vetri e invita al riposo, sotto i morbidi piumoni delle suite della Villa, e ci tiene qui al caldo: a parlare di arte, fotografia, gastronomia  e viaggi, naturalmente, fra mille dubbi, spunti di riflessione, battute e risate. Non ci credereste, ma tutto questo è solo il  frutto della potente alchimia di una meeting fra blogger a Villa Lario.Informazioni pratiche: Villa Lario si trova nella frazione di Pognana (CO), in via Giacomo Matteotti 25. Dal centro di Como, basta imboccare la SP 583 che costeggia la sponda del lago fino a ritrovarsi davanti al cancello della Villa. A questo punto, una volta entrati,  è conveniente parcheggiare la macchina e scendere in Villa con l’apposito ascensore: da qui, la strada prosegue fino all’ingresso della Villa, ma si fa stretta e ripida.

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