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Prima di scrivere quest’articolo ho pensato molto, da quando ho aperto il blog non mi era mai capitata una situazione così difficile, un momento in cui non sai se sia più giusto raccontare per non dimenticare le persone e i luoghi che si sono visti nella convinzione che presto torneranno a vivere della bellezza che li caratterizza, oppure tacere in segno di rispetto. Fra la prima parte di questa storia ambientata a Visso e sui Monti Sibillini e queste parole, come tutti sanno, c’è stata la catastrofe del sisma. Di questo hanno parlato e stra-parlato i media, ma adesso pian piano i riflettori si stanno spegnendo tanto che è difficile per le persone del posto trovare spazio per far sentire la propria voce.

La val di Panico vestita dei colori autunnali

La val di Panico vestita dei colori autunnali

Per esempio, Silvia, la protagonista del primo articolo, adesso è molto arrabbiata: per non lasciare i suoi animali, che sono tutta la sua vita, è costretta a vivere in una piccola roulotte senza servizi igienici. Perché tante sono state le promesse, ma poi, in concreto solo questo, per adesso, si è potuto fare ( vi aggiornerò a breve con un articolo specifico sulla situazione in atto fra Visso e Ussita).  E’ proprio dopo aver parlato con lei, arrabbiata ma tenace come sempre, che mi sono decisa a riprendere il filo interrotto del discorso: quel territorio è un patrimonio inestimabile; quei paesi, oggi distrutti, sono gioielli da ricostruire e, soprattutto, quella gente ferita, ma non sconfitta – come si legge su facebook –  ha solo voglia di ripartire. valleDirlo adesso potrebbe sembrare strano ma sicuramente, un punto fermo da cui ricominciare è la natura spettacolare di questi luoghi: solcata da bellissimi sentieri e popolata di animali unici. Già, proprio quella natura che adesso ha mostrato il suo volto più terribile ma che, sono certa, presto tornerà a scaldare gli animi dei suoi colori.foliage-02E quel giorno, durante il quale ci siamo dedicati alla conoscenza del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, la palette del paesaggio autunnale era così intensa, brillante e contrastata da gareggiare senza timore con un dipinto impressionista. Con noi erano il funzionario tecnico e biologo Alessandro Rossetti e il neo direttore del Parco Nazionale Carlo Bifulco: sono stati loro che ci hanno aiutati ad andare oltre il puro apprezzamento estetico e a comprendere un minimo i segreti di quei panorami.

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Il Camoscio appenninico, courtesy Alessandro Rossetti, Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Insieme a loro, siamo andati alla scoperta del monte Bove, un vero Santuario Naturalistico, “rifugio per molte specie faunistiche e floristiche rare ed endemiche” come ci ha spiegato Alessandro. Per godere al meglio della sua veduta abbiamo percorso il sentiero ghiaioso che dal piccolo abitato di Casali di Ussita (tristemente famoso grazie al terremoto) risale la montagna verso la Val di Panico (circa 45 minuti di cammino) costeggiando, prima, la grande parete nord della montagna e, poi, quella est.

Ad un certo punto il biologo ha tirato fuori un binocolo per puntarlo, senza alcuna esitazione, verso le cime frastagliate della montagnafoliage

Il monte Bove Nord raggiunge i 2112 metri s. l. m. e i suoi affioramenti rocciosi, calcarei, sono vecchi 200.000.000 di anni. Ricordo chiaramente che la voce di Alessandro, sempre pacata e sicura come quella di chi maneggia con destrezza la materia di cui tratta, si è alzata impercettibilmente pronunciando queste parole, lasciando trapelare dietro alla professionalità quella passione autentica per l’ambiente che ho imparato essere tipica della gente di qui.  Si tratta di un amore incondizionato per la natura selvaggia, per la sua forza e durabilità che resiste anche quando ci si rivolge contro e che si tramuta in dedizione completa.monte-bove-01Davanti a noi si ergeva,  nudo e potente, il muro di roccia che si tuffava in verticale nella cortina rossa e dorata di aceri, carpini, ornielli e delle altre specie boschive che contribuiscono alla varietà cromatica di quel quadro vivente. Ad un certo punto il biologo ha tirato fuori un binocolo per puntarlo, senza alcuna esitazione, verso le cime frastagliate della montagna. Si capiva benissimo quanto conoscesse bene ogni singola piega del rilievo. Ed infatti, non è passato poi molto tempo prima che ci indicasse un puntolino nero, rapido e sfuggente, saltellante su una sella incuneata fra le rupi. Quel puntino era uno degli animali più importanti del Parco, che da qui si può avvistare con estrema facilità e che rappresenta la testimonianza concreta di come anche le cose più impossibili, se ci si crede davvero, possano avverarsi. Quel puntino era un camoscio appenninico.

Anche la storia di questo camoscio (da non confondersi col più comune camoscio alpino!), come quella della razza ovina di cui abbiamo parlato nella prima parte di questo articolo, è la storia di un “animale ritrovato”.  Come ci ha raccontato Alessandro, agli inizi del ventesimo secolo ne sopravvivevano soltanto venti individui, confinati in una zona dell’Abruzzo aspra e isolata ribattezzata col nome, appunto, di Camosciara. La sorte di questo ungulato sembrava dunque dover ricalcare quella di altre specie ormai scomparse dai versanti appenninici come l’orso, l’avvoltoio o la lontra.

E invece, in barba a tutti i pronostici, “il camoscio più bello del mondo” ce l’ha fatta. La sua rarità, bellezza ed endemicità (questo animale si trova esclusivamente sull’Appennino) spinse, infatti, già nel 1922 alle decisione di costituire un Parco Nazionale, l’attuale Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, teso proprio alla sua protezione. In realtà dopo le reintroduzioni effettuate sulla Majella e sul Gran Sasso nei primi anni ’90, bisogna aspettare il 2010 per giungere al successo attuale di una popolazione che conta ben 2.000 esemplari circa. E’ in questa data infatti che prese il via il progetto  Life coornata che vede la collaborazione di Unione Europea, Legambiente, e cinque parchi fra i quali, naturalmente, quello dei Monti Sibillini, al fine di scongiurare l’estinzione dell’importante caprino mediante la sua reintroduzione sugli stessi Sibillini e nel Parco Regionale del Sirente-Velino.  Potete capire quindi l’emozione, un po’ bambina, di vederlo anche soltanto da lontano balzare agile lungo il profilo increspato della montagna: è stato come assistere al più bel lieto fine di una fiaba. Il tecnico ci ha poi spiegato che in realtà si può anche contribuire attivamente al proseguire di questa storia, perché in vari momenti dell’anno il Parco effettua il censimento dei camosci al quale tutti, previa iscrizione, possono partecipare (naturalmente adesso è tutto fermo).

Un altro animale "ritrovato" del Parco Nazionale dei Monti Sibillini: la trota mediterranea, Courtesy Alessandro Rossetti, Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Un altro animale “ritrovato” del Parco Nazionale dei Monti Sibillini: la trota mediterranea, Courtesy Alessandro Rossetti, Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Ma non c’è soltanto il camoscio appenninico fra le storie di successo del Parco. Ne è un altro esempio la vicenda della trota mediterranea – anch’essa specie rara e assediata dal concorrente alieno di ceppo atlantico – che è sopravvissuta nei torrenti più inaccessibili dei monti Sibillini da cui oggi sta tornando a ripopolare gli altri torrenti del Parco e dell’Appennino umbro-marchigiano.  Anche in questo caso il merito va ad un altro progetto di concertazione, il  Life + Trota,  realizzato grazie ad un co-finanziamento dell’Unione Europea nell’ambito dello strumento Life Plus, e promosso da Provincia di Pesaro e Urbino, Provincia di Fermo, Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Università Politecnica delle Marche, Università di Perugia e Legambiente.

Esemplare del cervo: questo animale è protetto dal Centro faunistico di Castelsantangelo sul Nera, courtesy Alessandro Rossetti, Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Esemplare di cervo: questo animale è protetto dal Centro faunistico di Castelsantangelo sul Nera, courtesy Alessandro Rossetti, Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Mi è dispiaciuto poi, per per questioni di tempo  non poter visitare il Centro faunistico di Castelsantangelo sul Nera dove stavano cervi, caprioli, un lupo e un’aquila reale: tutti animali recuperati e accuditi con cura in ambienti che ricreavano l’ecosistema naturale (oggi il centro è chiuso e gli animali sono stati trasferiti).  Ma non importa. Adesso, con tutto quello che è successo, mi sento davvero una privilegiata ad aver potuto toccare con mano la magia dei Monti Sibillini. E fa molto male sapere quanto in questo momento quel territorio abbia bisogno di aiuto.

Ma come gli animali protagonisti delle storie che vi ho raccontato, questa terra, ne sono certa, rinascerà e la natura tornerà ad essere amica e compagna di indimenticabili escursioni. E noi saremo là ad abbracciarla.

Informazioni pratiche:

In questo momento, sono riprese le escursioni nel Parco, vi invito a monitorare la percorribilità dei sentieri sul  sito del Parco Nazionale dei monti Sibillini.

La sede del Parco è inagibile, i suoi uffici sono ospitati a:

VISSO: PRESSO IL COC (TEL. 335 722 6283 in corso di attivazione) ; FOLIGNO PRESSO LA PROTEZIONE CIVILE DELLA REGIONE UMBRIA (TEL. 0742 630701) ; TOLENTINO PRESSO ISTITUTO ZOOPROFILATTICO DI MARCHE E UMBRIA (TEL. E FAX 0733 973938 linea in corso di attivazione)

GLI UFFICI SONO CONTATTABILI ANCHE MEDIANTE POSTA ELETTRONICA (parco@sibillini.net) E FACEBOOK.

 

 

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