Rimini Rimini: spiaggia, ombrelloni, divertimento spensierato. Inutile negarlo, è questo lo stereotipo che ingabbia la bella Rimini nella mente degli Italiani. Come ci racconta un certo cinema trash degli anni 80 Rimini è diventata sinonimo di vacanze di massa, balli di gruppo, gite scolastiche [!], insostenibile leggerezza e superficialità. E’ tutto qui dunque? Un grande parco di divertimenti per grandi e piccini? Qualcosa mi diceva che oltre alla distesa infinita dei lettini, lontano dal bagnasciuga, ci fosse molte di più. Non fosse altro per quell’altra visione di Rimini, quella raccontata dal grande Federico Fellini che ci ha trasmesso l’idea di una città dall’identità marcata, anarchica sognante, ironica, grottesca molte volte, ma incredibilmente vera. No, la patria di Fellini non poteva essere un luogo senz’anima ed infatti Rimini, come ho avuto il piacere di scoprire durante un blogtour a Bellaria Igea Marina, l’anima ce l’ha eccome. Innanzitutto Rimini ha una storia antichissima: la città di “Ariminum” , le cui tracce si possono osservare ancora oggi nel centro storico, fu la prima colonia latina in terra padana. La sua posizione alla foce di un fiume, su una terra fertile e dirimpetto al mare fece subito gola ai Romani che ne fecero il loro avanposto per la conquista della pianura, ancora dominata dai Galli. Rimini divenne quindi un abitato sontuoso punteggiato di ville, con una grande piazza, l’anfiteatro e con un fiorente porto. Dopo questa prima lunga digressione dunque, proprio di questa “Rimini segreta” voglio parlarvi in questo articolo.
Il ponte di Tiberio: da qui si comincia un bel viaggio nel tempo alla ricerca della Rimini romana. ” Ho accompagnato visitatori che mi hanno detto di essere venuti per vent’anni in vacanza a Rimini e di non sapere che ci fosse una parte storica da vedere in città“. Questo è quello che ci ha rivelato la nostra guida all’inizio del giro e, vi dirò, mi dispiace tantissimo per quei turisti che non sanno cosa si perdono. Del resto, questa è l’ennesima dimostrazione di quanto spesso si parta per destinazioni esotiche alla ricerca di chissà quali monumenti finendo col dimenticare i tesori di casa nostra. Il Ponte di Tiberio è sicuramente uno di questi. Oggi come allora, la sua arcata segna l’ingresso in città, da un lato si trova il quartiere di San Giuliano, il più amato dal maestro Fellini, e prende avvio la Via Emilia; dall’altro si entra nel centro storico percorrendo il corso Augusto. Il ponte, eretto per volere dell’imperatore Ottaviano Augusto nel 14 d. C., ma terminato dal suo successore Tiberio, è un capolavoro di ingegneria. Sorge sul fiume Marecchia, l’antico Ariminus da cui deriva il toponimo “Rimini” ed è costruito in pietra d’istria. Il suo stile maestoso e armonico ha fatto pensare che il suo progettista possa esser stato addirittura Vitruvio, il genio dell’antichità. E in effetti quest’opera architettonica non è solo bella e nelle fondazioni, così come nei piloni che lo sostengono, sono stati addottati accorgimenti tecnici ammirati anche dal Palladio. La cosa incredibile è che recenti scavi hanno scoperto che tutto il sistema poggia su un’impalcatura in legno, perfettamente isolata, che ne garantisce l’elasticità. Proprio per la sua indistruttibilità il ponte ha generato la leggenda che fra i suoi conci lapidei si nasconda lo zampino del diavolo, tant’è che si racconta che sia proprio l’impronta del demonio quella che si vede su alcune sue pietre. Diavolo o non diavolo è un fatto che il ponte ha retto a incursioni barbariche, inondazioni, assedi e, per finire, al tentativo di farlo saltare in aria dei Nazisti (ma si dice che proprio un generale tedesco si adoperò per salvarlo). Venire qui significa ammirare una delle opere più significative dell’epoca romana: un gigante che da venti secoli svolge, imperturbabile alle vicende umane, il suo ruolo a guardia del fiume.
Domus del Chirurgo: i monumenti sono interessantissimi, ma come si viveva quotidianamente al tempo dei Romani? Se anche voi avete questa curiosità, la Domus del Chirurgo, un unicum a livello internazionale, può rispondere alle vostre domande. Entrare in una villa di secoli fa non è roba da tutti i giorni, figuratevi quindi entrare non in una dimora qualunque, ma in quella di un medico della Roma Imperiale! Per la precisione, il nostro ospite si chiamava Eutyches, era di origine orientale, seguiva la filosofia epicurea e curava i soldati. Come sappiamo tutto questo? Beh, come accade quasi sempre in ambito archeologico, la nostra fortuna coincide con quella che per il padrone di casa fu una vera catastrofe: un incendio avvenuto nel III sec. d. C., al tempo delle invasioni barbariche dunque, che ha congelato sotto le macerie tutta la vita di allora. E’ grazie a quell’evento se noi oggi possiamo ricostruire un ritratto fedele della romanità. La parte più stupefacente e curiosa di tutto il complesso, che comprende affreschi, arredi, mosaici e suppellettili, è tuttavia la taberna medica: un vero laboratorio che ci offre uno spaccato della medicina dell’epoca e, soprattutto, che ci ha consegnato il corredo chirurgo-farmaceutico dell’antichità più importante al mondo. Si tratta di 150 pezzi fra bisturi, sonde, pinze e tenaglie, alcune particolarmente inquietanti come quella per le ossa; un ferro per i calcoli renali, un trapano e persino uno strumento particolarissimo, il “Cucchiaio di Diocle“, che serviva per estrarre le frecce dal corpo. Molto belli sono anche i mortai per la pestatura delle erbe e dei minerali utili alla preparazione dei medicamenti. Fra le cose più bizzarre, vi segnalo un vaso a forma di piede che potrete ammirare, insieme al resto, nel vicino Museo della Città. Pensate che per la sua unicità e la sua importanza la Domus del Chirurgo ha destato l’interesse di uno dei più grandi estimatori della civiltà romana: il divulgatore Alberto Angela.
Il Foro: come ogni città romana che si rispetti anche Rimini si imperniava su una struttura ortogonale, scandita dal Cardo e dal Decumano ( i due assi viari principali) all’incrocio dei quali si trovava il Foro: il luogo deputato all’incontro, agli scambi, alle dispute giudiziarie, la borsa, lo spettacolo e la glorificazione di imperatori e reggenti attraverso statue e epigrafi. In una parola, la piazza. Oggi possiamo ancora vedere l’antico foro che nient’altro è se non la attuale piazza Tre Martiri (ribattezzata così in onore di 3 partigiani trucidati dai Nazisti). A ben guardare, è ancora riconoscibile la forma originaria del sito che contemplava anche un teatro e una basilica. Senz’altro, la cosa più curiosa è il cippo in pietra posto all’ingresso di via 4 Novembre che, secondo la vulgata, segna il punto in cui Giulio Cesare in persona arringò le sue truppe con il celebre “Alea iacta est” (il dado è tratto) dopo aver varcato il Rubicone: uno dei discorsi più carismatici di tutta la storia dell’umanità. Pensateci quando vi troverete a passeggiare da queste parti: sarete dentro una pagina di storia delle più mitiche!
Arco di Augusto: un altro arco di trionfo, direte voi. Ma no! fermi! Questo lo dovete vedere perché si tratta del più antico arco di trionfo romano giunto a noi. Come il ponte di Tiberio anche questa costruzione segnava la fine di una via importante. In questo caso si trattava della Flaminia: la strada che conduceva nella capitale stessa. Anzi, l’arco fu eretto nel 27 d.C. per onorare l’imperatore Augusto che si era fatto promotore del restauro proprio della Flaminia. Come tutti gli archi di trionfo romani, si trattava di un efficace strumento di propaganda e glorificazione. Pensate che quest’arco venne concepito con un fornice (l’apertura sottostante) troppo grande per ospitare una porta civica, eppure l”arco sorgeva nel punto esatto di uno degli ingressi in città. Il fautore della pax augustea aveva trovato un modo neanche troppo sottile di dichiarare che, con il suo governo, le città erano sicure al punto che non necessitavano di una porta! Quando sarete al cospetto di questa meraviglia non mancate di notare le altre figure che completavano il messaggio. A cominciare da quella del bue, su entrambe le facciate del monumento, che stava a simboleggiare la forza dell’impero. Dopodiché, nelle formelle decorative, le divinità classiche Giove, Apollo, Nettuno e Minerva (o l’allegoria di Roma). Un occhio attento non potrà non accorgersi infine della merlatura medievale che sostituisce, probabilmente, l’originale statua di Augusto su una quadriga che coronava, letteralmente, l’encomio di pietra dell’imperatore.
Anfiteatro: come molte città romane anche Rimini aveva il suo anfiteatro per lo spettacolo dei gladiatori. Rispetto agli altri anfiteatri che possiamo trovare in Italia, questo aveva la particolarità di risiedere sulla spiaggia. L’anfiteatro di Rimini è molto grande, quasi come il Colosseo,venne eretto nel II secolo d. C. e oggi ospita spettacoli e concerti.
Vita pubblica, privata, spettacoli, politica dell’antica Roma: avreste mai detto che tutto questo lo si può rivivere con una passeggiata in centro a Rimini? Mica male per una città così mondana! Tenetelo a mente quando sarete sotto l’ombrellone: quello stesso mare che vi ha ammaliato ha incantato anche il più grande imperatore dell’antichità. Allontanatevi dalla battigia dunque e seguite le sue orme: non ve ne pentirete.
se ti è piaciuto l’articolo, condividilo con un pin!
Trackback/Pingback