Il parco della Resistenza è un sacrario in cui attraverso targhe celebrative, cimeli di guerra, installazioni vengono ricordati i protagonisti del movimento
Quando ero una bambina, come a tutti i bambini, mi piaceva ascoltare le storie che mi raccontavano i miei nonni. Stavo lì, con gli occhi spalancati, seduta sulle loro ginocchia, attenta a non perdermi neanche una parola. Del resto, a chi non piace ascoltare le storie? Erano favole quelle che mi raccontavano? In un certo senso, potremmo dire, sì. Erano storie di uomini e di donne, storia di miseria, di fame e di fatica, anche; storie di paura. Ma anche storie di coraggio, di amore e di speranza. Non mancavano mai i cattivi: anzi, ce ne erano tanti. C’era il lieto fine? Alle volte, delle altre, il finale era orribile. Ma quello che le accomunava tutte era la volontà tenace di opporsi all’orrore dilagante, di lottare per i propri valori e per i propri cari: in una parola, di resistere. Resistere sempre e comunque, anche a costo della propria vita. Erano storie tremende, capaci tuttavia di scolpire nell’animo un’ avversione incorruttibile per ogni forma di sopruso e di violenza e un’ammirazione infinita per quella folla, spesso senza nome, che più forte era stata colpita, più in alto si era alzata ad argine del male: come le margherite che, dopo essere state falciate sul prato, tornano a distendere ancora le loro corolle al sole, più numerose e più fiere.
Erano storie di uomini e di donne, storia di miseria, di fame e di fatica, anche; storie di paura. Ma anche storie di coraggio, di amore e di speranza
Da quelle parole ho imparato dunque il senso del sacrificio e ho fatto miei i valori di tutta quella gente.
Crescendo, quelle storie indelebili, ma dai contorni sfumati, hanno assunto la loro giusta posizione nel quadro storico. Prima a scuola, quindi all’università, tutto si è incastrato perfettamente nel fluire di date e avvenimenti che hanno costruito la nostra storia. Tutte quelle storie si rivelavano essere storie di Resistenza nella provincia di Massa-Carrara.
Sono storie che trapelano da molti luoghi nel territorio: targhe commemorative corrose dal tempo, pietre avvolte dalle edere o sporcate dai gas delle automobili. Sono monumenti che, lentamente, stanno soffocando. Perché sono così tanti che tendiamo a dimenticarcene e perché il tempo inesorabilmente appanna la memoria.
Fra i tanti, ce n’è uno particolarmente significativo di cui vi parlerò in questo articolo.
Prima però bisogna fare un passo indietro e capire come mai, qui, la guerra fra partigiani e tedeschi infuriò con particolare violenza.
La Linea Gotica
Non serve che vi ricordi cosa fu la linea gotica: ” poderosa opera difensiva fortificata costruita dall’Esercito tedesco nell’Italia centro-settentrionale durante le fasi finali della campagna d’Italia, nella Seconda Guerra Mondiale, per fermare l’avanzata degli alleati”. Tuttavia non molti sanno che questa linea spaccava l’italia fra Massa-Carrara e La Spezia , attraversando le montagne per arrivare, sul versante adriatico, fino a Rimini. La difensiva della linea gotica venne costruita dai civili, arruolati dalla tedesca Todt, minacciati di essere deportati in Germania ( in realtà molti di essi furono effettivamente deportati alla fine del lavoro, ma ve ne parlerò in un altro articolo) proprio al confine fra Liguria e Toscana. Tuttavia i Tedeschi si servirono della complessa orografia delle Alpi Apuane per la loro finalità belliche. Per questo motivo, costruirono delle fortificazioni nelle Alpi Apuane nella zona di Montignoso e tutte le alture circostanti furono teatro di aspre battaglie, rastrellamenti, rappresaglie, eccidi, ma anche atti di eroismo che hanno contribuito a rafforzare il senso di appartenenza e lo spirito identitario della gente del luogo.
La Brugiana
molte furono le stragi di cui furono vittime le popolazioni locali: sono episodi cruenti, di una efferatezza così amara, difficile da raccontare anche a distanza di anni

Il monte Brugiana, in questa storia, assume una posizione particolare. Posto al centro del sistema montuoso massese, dalla sua cima è possibile osservare da una parte l’intero arco alpino, e, dall’altra, tutta la costa, Portovenere e la Palmaria, il Mar Tirreno con le isole della Gorgona della Capraia e l’Isola d’Elba. Probabilmente per questa sua felice collocazione fu scelto da due brigate partigiane come proprio covo: la Ceragioli, che aderì poi al Gruppo dei Patrioti Apuani e la Cartolari, garibaldina, chiamata così in onore di Aldo Cartolari: un partigiano deportato e ucciso in un campo di sterminio in Germania, ma che si credeva vittima della Strage di Forno.
Già, perché molte furono le stragi di cui furono vittime le popolazioni locali: sono episodi cruenti, di una efferatezza così amara, difficile da raccontare anche a distanza di anni. Sono pagine nere della storia che ci ricordano che potere terribile ha la guerra di tramutare l’uomo in belva. Ne ricordo uno avvenuto il 16 settembre 1944. Quel giorno, un battaglione, comandato da Walter Reder, entrò nel borgo di Bergiola Foscalina per vendicare l’uccisione di un tedesco. Un maresciallo della Guardia di Finanza, Vincenzo Giudice, si immolò per tentare di evitare l’inevitabile ma l’ira delle SS non si placò. Tanto che rinchiusero la popolazione, donne bambini e anziani, nella scuola elementare del paese e appiccarono il fuoco. Si concluse con la morte di 72 persone quello che diventò tristemente noto come l’eccidio di Bergiola Foscalina, crimine contro l’umanità.
Da”la Brugiana”, come viene chiamato localmente il monte, partirono quindi molte azioni contro i Tedeschi. Ma essi non riuscirono mai a prendere la cima ed è per questo che proprio qui, per ricordare gli atti eroici e le vittime innocenti di quegli avvenimenti, si trova un piccolo ma significativo luogo della memoria: il parco della Resistenza.
Il Parco della Resistenza del monte Brugiana
Fare un giro fra queste pietre, in mezzo agli alberi testimoni silenziosi di quelle vicende, è una cura per l’animo. E certo, alle volte, fa male

Questo luogo commemorativo rivela ancor più valore se si pensa che a volerlo e a costruirlo fu proprio un ex-partigiano: il Conte-Gio, ai natali, Mario Angelotti: “mi chiamo il Conte Gio perché a son el conte de la rivoluzion“, diceva (cit. in Il Contro in testa: gente di marmo e di anarchia di Marco Rovelli). Il parco della Resistenza è un sacrario in cui attraverso targhe celebrative, cimeli di guerra, installazioni vengono ricordati i protagonisti del movimento.

Fare un giro fra queste pietre, in mezzo agli alberi testimoni silenziosi di quelle vicende, è una cura per l’animo. E certo, alle volte, fa male. Come quando si leggono tutti in fila i nomi dei paesi vittime degli eccidi, ma è una cura necessaria. Ci sono, a poca distanza gli uni dagli altri, Giuseppe Pagano e Sandro Pertini, il “partigiano buono” Ermino Cappanera, morto a Cefalonia e il monumento alle vittime dell’Olocausto. Tutti insieme, a ricordare non solo quanto fu alto il prezzo di quella guerra, ma anche quanto fu forte l’autentico spirito di Resistenza, capace di attraversare paesi e unire popoli in un solo grido di resurrezione.

Peccato che negli ultimi anni questo luogo sia caduto nell’abbandono. Di questi tempi, in cui aleggiano spettri di intolleranza e razzismo, sono cresciuti i rovi e qualcuno ha portato via i cimeli. E invece bisognerebbe portare qui i ragazzi e, forse, quelle storie tornerebbero a parlare e quel grido, mai sopito, troverebbe eco nei loro cuori.

“se voi volete andare in pellegrinaggio
nel luogo dove è nata la nostra costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani,
nelle carceri dove furono imprigionati,
nei lager dove furono sterminati.dovunque è morto un italiano
per riscattare la libertà e la dignità,
andate lì, o giovani, col pensiero,
perché lì è nata la costituzione”.
Piero Calamandrei
