Airone bianco, Shams Alam

Airone bianco, Shams Alam

Come ho già raccontato in un precedente post sull’Egitto, qualche anno fa, ormai, ho avuto la fortuna di vivere la barriera corallina del Mar Rosso. Per la precisione, dopo un’accurata ricerca che sempre precede ogni mia partenza, scelsi di visitare la località di Shams Alam, un po’ a sud di Marsa Alam, per la sua vicinanza con il Parco Nazionale di Wadi Gimal. E adesso vi racconterò perché sono felicissima di aver scelto quel posto che forse non rivedrò mai più.

Wadi Gimal

Wadi Gimal, area protetta

Confesso che quella volta ho ceduto al richiamo di un All Inclusive dal prezzo troppo allettante per l’epoca. Era inverno e avevo appena portato a termine un lavoro stressante e impegnativo. Ho preso un vero last minute e sono volata in Egitto alla ricerca di mare (che quell’anno, proprio per l’impegno richiesto al lavoro, mi ero sognata nonostante sia a 7 km dalla mia abitazione), sole caldo sulle ossa e pace. Nient’altro. Devo dire che il primo impatto con l’area non è stato dei migliori: l’impressione di essere animali in gabbia nei grandi resort sulla spiaggia, isole di lusso in mezzo a un vero deserto, non mi dava pace. Bastava spingersi oltre i confini del villaggio per scoprire…il nulla. Ma un nulla strano: non quello avvolgente, immenso, che ti abbraccia certe volte al cospetto della natura più potente. Questa era desolazione, sporcizia, qualcosa che metteva in risalto l’essenza del tutto aliena di quelle costruzioni finto-arabeggianti. Ma c’è una cosa là che persuade e vince ogni resistenza, anche la più dura. E questa è senza ombra di dubbio il mare. Non si può immaginare che cosa nasconda quel mare finché non vi ci si immerge con maschera e pinne. Dal di fuori, appare sicuramente come una tavola limpida e ferma, ma non molto dissimile a quel che si vede anche a casa nostra, che dal punto di vista paesaggistico offre scorci senza pari. Ma quando ci si immerge per la prima volta…beh per me si è trattato di un autentico shock emotivo.

Wadi Gimal

Wadi Gimal, il mare: che cosa si nasconde lì sotto?

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Avete presente quei documentari in cui si pensa alle ore e ore di riprese fatte per trovare questo o quel raro esemplare marino? Ecco: durante un’ora di snorkeling in queste acque vi sembrerà di esserci dentro.

Vi dovete fidare delle mie parole perché purtroppo non ho scattato foto che possano documentare quello che sto per dirvi, mai io in quelle poche ore di nuoto in mezzo a quelle grandi falesie sottomarine, che altro non sono se non foreste di coralli, ho visto pesci scorpione, leone, pappagallo, farfalla, murene aggettanti dalle loro tane, calamari, tartarughe, pesci pietra, coccodrillo, chirurgo, grandi conchiglie della famiglia dei tridacnidi e molte altre meraviglie marine. Per questo devo dire che è stata molto utile l’escursione snorkeling guidata organizzata dall’hotel in cui alloggiavo. Non avevo mai fatto niente del genere e devo mettere un “+” a quest’esperienza. Il ragazzo del diving che ci ha accompagnato ci ha insegnato a muoverci il più lentamente possibile e vegliava su tutti per evitare che qualcuno toccasse o rompesse i coralli. In compenso, come un esperto fungaiolo, conosceva tutti gli anfratti  della barriera e ci indicava e nominava tutte le specie che incontravamo. Ho apprezzato molto la sua sensibilità per l’ambiente: bastava che qualcuno si avvicinasse un po’ più del dovuto e lui interveniva per allontanarlo dai coralli. Se questo ad alcuni potrebbe sembrare troppo lesivo della libertà di scoperta, bisogna tener presente come in altri luoghi la barriera corallina sia già stata compromessa e rovinata dal passaggio di persone poco attente e rispettose.

Un’altra bellissima esperienza è stata l’escursione intorno alle acque dell’isola di Wadi Gimal. Qui abbiamo osservato barracuda, un piccolo squalo di barriera, che ha spaventato una turista che è scappata sulla barca, e delle mante. L’isola di Wadi Gimal è una lingua di sabbia dorata che costituisce il fiore all’occhiello dell’omonimo Parco Nazionale. Si trova a poche miglia dalla costa ed è famosa per essere luogo di riproduzione di alcuni uccelli marittimi, oltre che per il colore turchese delle acque che la circondano. Solitamente qui si avvistano i delfini: a me è andata male.

Ma forse solo perché la natura mi stava riservando – chissà perché – una sorpresa. Poco a sud di Shams Alam e dell’omonimo villaggio, sotto le acque si estende una vasta radura di posidonia. Ed è qui che ho incontrato un vero mito. Fra i tanti animali che vivono in questo autentico paradiso d’acqua si favoleggia infatti che  in questa distesa di alghe venga a brucare al tramonto un sirenio: un buffo e timido mammifero, parente alla lontana del tricheco: il dugongo. Ebbene, un pomeriggio tardi, quasi al tramonto, attraversiamo piano la prateria. A un certo punto scorgiamo una sagoma: è grossa, sinuosa e si muove in una maniera diversa dalle altre creature incontrare finora… si avvicina con circonvoluzioni agili, fino a quando tutti si lanciano al suo inseguimento e sparisce di nuovo nel blu. Qualcuno ha scattato delle foto: sfuocate, evanescenti. Era lui?  Restiamo col dubbio e la speranza.

Del resto, ve l’ho detto che non ho foto…Sennò che leggenda sarebbe?

 

 

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