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Che cosa sarebbe Barcellona senza Gaudì? In ogni testo, in ogni cartina che sfoglierete riguardo alla città catalana non potrete fare a meno di imbattervi nel nome del maestro del Modernismo, Antonì Gaudì. Ed è difficile non accorgersi che poche città al mondo hanno legato la propria immagine in maniera così indissolubile a un artista, tanto da non riuscire a figurarsi l’una senza pensare all’altro. Il genio di Gaudì ha senz’altro forgiato un nuovo volto della città di Barcellona, un viso rotondo, solare e colorato specchio delle sue audaci sperimentazioni. Si potrebbe addirittura dire che Barcellona è Gaudì e, d’altra parte, Gaudì è Barcellona. Ma come spesso accade la presenza di un gigante porta a dimenticare che nel cielo accanto a una stella luminosissima ve ne sono anche molte altre che contribuiscono alla sua bellezza. Soltanto, si notano meno perché la brillantezza della prima le nasconde un po’.

Ecco: con quest’articolo vi voglio consigliare i monumenti e i palazzi assolutamente da vedere per non perdersi proprio nulla e riscoprire dei veri tesori architettonici che non godono della giusta considerazione soltanto perché si sono trovati in una posizione sfortunata, all’ombra della figura di Gaudí.

Prima, però, facciamo un passo indietro.

Ci troviamo in Spagna o meglio, in Catalogna, fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. L’entusiasmo è alle stelle, la Rivoluzione Industriale sembra portare avanti il “progresso” dell’umanità. La discussione sull’arte è aperta. E Barcellona si fa teatro della grande Esposizione Universale del 1888. Presto giungono gli echi di una grande rivoluzione nel campo espressivo a Vienna. Si chiama “Secessione”, si ribella allo stile accademico e propugna uno stile ispirato alle forme della natura, ma anche un recupero di materiali e tecniche tradizionali, sulle orme dell’Arts & Craft” di William Morris. All’epoca, Barcellona è la città della Spagna che più assorbe gli stimoli che giungono dall’Europa, e la grande Expo lo ha dimostrato a tutti. Questo nuovo stile che prende nome di Jugendstil, Art Nouveau, Liberty, a seconda del paese in cui viene applicato, è un invito a riscoprire le proprie peculiarità artistiche. Occasione troppo ghiotta in Catalogna dove subito si fonde con le rivendicazioni nazionaliste. Non si tratta più o soltanto di una questione estetica, ma di un dibattito politico. Si spiega così lo sguardo al passato alla ricerca di elementi unici, caratterizzanti, che possano rappresentare le fondamenta del linguaggio espressivo catalano. Si attinge al gotico, al rinascimento e all’architettura moresca, ovunque si ritrovino quei tratti capaci di testimoniare una cultura unica e indipendente, e si riportano questi frammenti nel nuovo stile nascente.

È in questo contesto che si forma il giovane Gaudì. Ed insieme a lui altri eccellenti architetti quali Domènech i Montaner e Josep Puig i Cadafalch: le personalità di punta di quell’onda di rinnovamento che prese significativamente il nome di Modernismo catalano.

Chiusa questa doverosa digressione storico-artistica, il primo luogo da visitare per compiere questa immersione nel gusto e nell’arte dei primi del Novecento è senza alcun dubbio, Passeig de Gràcia, nel cuore dell’Eixample: il quartiere costruito sul finire dell’Ottocento come risposta all’esplosione demografica della città. Passeig de Gràcia è un viale alberato molto carino, pullulante di boutique per lo shopping. Qui, quasi con un solo sguardo, si possono abbracciare importantissimi monumenti modernisti che suggeriscono l’effervescenza culturale dell’epoca. Spiccano su tutte le opere di Gaudì: Casa Milà, rinominata dagli abitanti La Pedrera, letteralmente “cava di pietra” e, poco distante, la fiabesca Casa Battlò. Quest’ultima in particolare si trova in un isolato chiamato Manzana De La Discordia. Tutti ormai conoscono il duplice significato del termine “Manzana” che può essere inteso sia come “mela” che, più semplicemente, come “quartiere”. Naturalmente a me piace pensare che l’interpretazione giusta sia la prima e che si riferisca al grande duello fra maestri dell’arte che andò in scena al momento della costruzione dei palazzi. Fianco a fianco di Casa Battlò si trova, infatti, il più famoso edificio a firma di Puig i Cadafalch: Casa Amatller (1898-1900). E, poco più avanti, sull’angolo dell’isolato, sorge Casa Lleò Morera (1905), ad opera di Domènech i Montaner. È come sfogliare un manuale di architettura. E gli amanti dell’Art Nouveau, come me, ne resteranno estasiati.

Amatller

La facciata di Casa Amatller è quasi l’opposto di Casa Battlò. Là dove trionfano le forme curve e sinuose, qui si impone la logica delle linee rette. Inoltre, nell’opera di Cadafalch il riferimento al gotico è più evidente, per esempio nelle bifore che adornano la facciata e  nel finestrone vetrato scandito dalle esile colonne. Ma la cosa più curiosa di questa costruzione è senz’altro il coronamento della facciata con un frontone gradonato ispirato all’architettura fiamminga. Come nell’opera di Gaudì non manca il riferimento a San Giorgio, patrono della Catalogna, raffigurato sul portone d’ingresso, e ad altre figure storiche. Di Casa Amatller si può visitare la hall d’entrata; cosa che vi consiglio di fare.

Casa Amatller finestra

Casa Amattler, dettaglio della bifora

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Casa Amatller, interni

Casa Lleò Morera si presenta come il più tradizionale dei tre palazzi della Manzana. Ma non scordate di dare un’occhiata all’opulenza della facciata su cui troneggiano quattro interessanti figure allegoriche. Si tratta delle invenzioni cardine del rinnovamento della belle epoque, il telefono, il telegrafo, il fonografo e la fotografia, che la dicono lunga sull’ottimismo della borghesia del tempo.

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Casa Lleo Morera, dettaglio della cupola

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Casa Lleo Morera, dettaglio delle invenzioni

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Casa Lleo Morera, dettaglio

Lasciato il quartiere della discordia, la visita può continuare senz’altro fra i magnifici palazzi della zona. Basta girare l’angolo, superata la Pedrera, per imbattersi in due fantastici edifici: Casa Thomas, di un giovane Montaner, riconoscibile per i dettagli in ceramica e Casa Llopis i Bofil: progetto di Antoni Galissà, che cattura lo sguardo con suoi delicati decori floreali e i balconi in ferro battuto.

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Casa Thomas

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Casa Thomas, dettaglio

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Casa Llopis

A questo punto possiamo allontanarci da Gracia per raggiungere, in Carrer de Mallorca, un’altra creazione, meravigliosa già dall’esterno, ancora di Montaner: Palau Montaner (1893). Alzate gli occhi e osservate i magnifici mosaici esterni inneggianti all’invenzione della stampa.

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Casa Montaner, i mosaici

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Casa Montaner, i mosaici

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Casa Montaner, il cancello in ferro battuto

Ci dirigiamo ora sull’Avenida Diagonal dove incontriamo altre importanti testimonianze del Modernismo catalano. Per esempio, il Palau del Barò Quadras, realizzato fra il 1902 e il 1906 da Puig i Cadafalch in un neogotico fiammeggiante, in cui sono riconoscibili molti elementi tipici del linguaggio dell’artista, quali l’uso della galleria vetrata e la simbologia medievaleggiante; oppure la Casa De Le Punxes. Riconoscibilissima per il profilo turrito, opera dell’onnipresente Domènech i Montaner.

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Palau de Barò de Quadras

Tuttavia, per rendersi davvero conto della statura di quest’ultimo architetto è necessario abbandonare L’Eixample e prendere la metro per raggiungere quelle opere che rappresentano l’apice della sua produzione: Il Palau de la Musica Catalana e lHospital de la Santa Creu i de Sant Pau , entrambi iscritti nel Patrimonio dell’Umanità Unesco.  Il primo, si trova poco distante dalla fermata della metropolitana Urquinanona.

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Palau de La Musica Catalana, dettaglio

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Si tratta di una sala da concerto in mattone eretta fra il 1905 e il 1908 per la società musicale Orfeo Català. Il disegno è ispirato all’idea di un giardino della musica, come emerge fin dalle decorazioni all’esterno dell’edificio. Molte furono le novità introdotte dall’artista con questo progetto, come la totale apertura verso l’esterno e l’uso di materiali costruttivi inediti quali il cristallo e il vetro smaltato. Montaner lo considerava una sintesi della poetica modernista e per questo motivo già nel 1909 fu premiato dal Municipio. Personalmente, non amo molto il risultato di quest’accostamento fra la matericità del mattone e quella della ceramica, ma capisco che si tratti di un’opera imprescindibile per cogliere lo spirito di un’epoca.  L’interno è sfarzoso ed è davvero incredibile il lucernario in vetro colorato che si allunga sinuosamente verso la platea. Tenete presente che la visita al palazzo è molto costosa (17 €), ma ci si può fare un’idea anche scrutando l’interno dalla vetrata.

Per finire, l ‘Hospital de la Santa Creu i de Sant Pau (1902-1930) si raggiunge  con la metropolitana, scendendo alla fermata omonima dell’edificio. Considerato per lungo tempo uno degli ospedali più importanti di Barcellona, oggi è in restauro e sta per essere trasformato si dice in museo. In questa struttura è ben leggibile lo stile maturo di Montaner che per le decorazioni del complesso si avvalse della collaborazione di Pau Gargallo e di Eusebi Arnau.

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Hospital de la Santa Creu i de Sant Pau

Questo breve itinerario può essere tranquillamente incrociato con quello più classico di visita alle opere di Gaudì. Potete dunque inserirlo nelle vostre passeggiate anche se avete poco tempo. Alcuni di questi monumenti li troverete sicuramente nel cammino: il gioco sta nel riconoscerli. Sicuramente un approfondimento di questo tipo vi permetterà di meglio collocare la figura di Gaudì su uno sfondo di grande fermento culturale. Uno scacchiere su cui si muovevano artisti e pensatori che affrontavano le sfide di un’epoca di cambiamento e che hanno fatto sì che Barcellona divenisse la bella signora stravagante e ambiziosa che conosciamo oggi.

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