In questi giorni si fa un gran parlare di orsi, della convivenza fra orsi e turismo e della liceità o meno della cattura di un’esemplare femmina, la famosa Daniza, che si è comportata da mamma davanti alla possibile minaccia percepita nei confronti dei suoi cuccioli. Non ho potuto fare a meno di ripensare quindi al mio soggiorno in America, nei grandi Parchi Nazionali in cui la presenza dell’orso è una quotidianità e un motivo di attrazione turistica che non stupisce nessuno. E’ quindi di questo che vi vorrei parlare in questo articolo.
Prima però, vorrei fare qualche premessa. Penso che un progetto che miri alla reintroduzione di un animale ormai scomparso da un determinato areale sia una cosa lodevole – come appunto il progetto Life Ursus – ma credo anche che reagire al primo contatto fra un umano e l’animale con la sua cattura e messa in cattività in qualche triste zoo o oasi del territorio sia un’ammissione implicita del fallimento del progetto stesso. Tanto valeva lasciarlo in Slovenia, da dove è stato importato con la forza, non senza problemi. Questa questione credo che valga non solo per gli orsi, ma per tutti quegli animali che si stanno reintroducendo un po’ dappertutto in mutate situazioni ambientali, come per esempio il lupo. Quello che mi chiedo è: possibile che all’atto dell’approvazione di questi progetti non si pensi a questi probabili scenari futuri?
Un’altra cosa che mi sta a cuore notare è anche l’incauto comportamento del fungaiolo in questione: penso derivi da una visione deleteria del mondo animale, e della natura più in generale, come di un utopico universo “buono”, alieno alla violenza. Una visione che riduce purtroppo gli orsi a teneri peluche, gli ippopotami agli amici dei pannolini e porta a scordare che l’incontro con un grande predatore – e non solo! – è sì meraviglioso, ma anche pericoloso. Forse tornare un pochino coi piedi per terra e amare la natura nella sua complessità per quella che è, un ecosistema basato sulla lotta per la sopravvivenza in cui non si fa sconti a nessuno, eviterebbe che il primo turista di turno si credi il David Attemborough della situazione (consiglio a questo punto un ripasso mediante visione di vecchi quark o, più a tema, del film Grizzly man, di Werner Herzog). In questo senso, un po’ di buona informazione da parte delle Istituzioni non nuocerebbe.
E veniamo quindi al caso americano. Gli orsi, in America, come ho già detto, sono una costante. Prima di entrare in un parco, come Yosemite, dove per esempio vive l’orso bruno, si viene muniti di un dépliant in cui si spiega non solo come comportarsi in caso di incontro con un orso, ma anche come scongiurare quest’avvenimento riponendo il cibo in contenitori ermetici ed evitando comportamenti che lo attirerebbero.
Chi ha campeggiato nel parco sa che si viene muniti di speciali cassette di sicurezza per riporre gli snack e ogni cosa che abbia un forte odore e che i bidoni della spazzatura sono letteralmente a prova di orso. Se poi avete fatto una qualsiasi delle mille passeggiate possibili nel Parco sicuramente vi sarete imbattuti in cartelli che ricordano continuamente le regole per la sicurezza. Tutte informazioni che, d’altra parte, si possono leggere sul sito del parco ben prima di fare i bagagli.
A Yellowstone e al Glacier National Park, la situazione si fa ancora più complessa dato che qui la mascotte di casa, Yoghi, non è altro che il temibilissimo orso grizzly (sottospecie dell’orso bruno).

“Grizzly Denali edit“. Licensed under CC BY 2.5 via Wikimedia Commons.
Yellowstone è il parco d’eccellenza del grizzly, ciononostante le aggressioni agli esseri umani sono rarissime: contrariamente a quanto si possa pensare, più frequenti sono le morti per annegamento o gli incidenti escursionistici. Oltre alle normali precauzioni suggerite anche allo Yosemite, qui si trova anche facilmente un opuscolo su “come comportarsi se si incontra un orso” e altri articoli utili. Si trova in vendita anche uno spray al peperoncino che metterebbe in fuga l’animale.
Nel 2011, anche in questo parco avvenne qualcosa di simile a quello che sta interessando l’opinione pubblica italiana, di simile, ma di molto più tragico. Due escursionisti furono attaccati da una mamma grizzly con i suoi cuccioli e, purtroppo, per uno di loro non ci fu scampo. Le regole, negli Stati Uniti, sono chiare: se l’animale si è comportato secondo natura non ha commesso nulla di sbagliato e verrà lasciato in libertà. Avendo apparentemente difeso solo i cuccioli, l’orsa assassina sarebbe ancora viva se non fosse che, poco tempo dopo, aggredì un altro uomo: in pratica si era abituata all’idea di mangiare essere umani che quindi venivano considerati potenziale cibo. Fu solo allora che l’animale venne ucciso dai ranger. E’ anche per questo che in questi luoghi si pone particolare attenzione ai rifiuti: gli orsi potrebbero infatti associare l’immondizia all’uomo e, avvicinandosi, diventare più pericolosi. Si usa anche catturare gli orsi ritenuti pericolosi per stordirli con proiettili di gomma così da far percepire l’uomo come una presenza sgradevole da cui stare alla larga.
Ritornando all’attualità, che cosa sarebbe successo dunque se quello che è avvenuto in Trentino fosse accaduto nei parchi statunitensi? Probabilmente nulla. E non solo perché l’orsa, avendo di fatto solo avvertito l’incauto fungaiolo che non gradiva la sua presenza nelle vicinanze delle sua prole, non ha fatto nulla di anomalo, ma anche perché, forse, l’uomo, ben avvisato dei rischi della situazione in cui si trovava, si sarebbe comportato diversamente.
Senza andare dall’altra parte dell’Oceano, in Italia esiste un altro parco noto in tutto il mondo per essere la patria degli orsi: il Parco Nazionale dell’Abruzzo. Purtroppo io non ci sono stata e non conosco quindi la realtà della convivenza orso/turismo in questo parco.
Voi ci siete stati? Vi va di raccontarmi la vostra esperienza? Vi aspetto nei commenti!
La situazione dell’orsa Daniza non è nuova (purtroppo). Ti faccio un esempio. Nel Parco Nazionale d’Abruzzo ci sono stati problemi simili con gli orsi (tra l’altro simbolo del Parco) che hanno portato a conseguenze altrettanto tragiche (rimando al caso dell’orso Stefano, ucciso a fucilate e alla denuncia della strage silenziosa ai danni di orsi e lupi del Fatto Quotidiano).
In questi casi si fa molto presto a dare la colpa a bracconieri, cacciatori, allevatori e contadini arrabbiati, etc. Sicuramente sono in parte responsabili, ma va anche detto che molti turisti e escursionisti che frequentano le montagne e i paesini nei parchi nazionali non sono affatto “educati” sui modi corretti di comportarsi quando incontrano sulla loro strada animali selvatici.
Sottolineo “selvatici” perché, come dici tu, gli orsi non sono peluche, i lupi e le volpi non sono cagnolini, i cervi e i camosci non sono caprette!
Sai quante volte ho visto persone dare da mangiare a cervi, orsi e volpi gridando “che carini!” o “che teneri!” e magari cercando anche di accarezzarli. Purtroppo questo genere di comportamenti dei turisti e degli abitanti dei paesini nei parchi nazionali fa sì che gli animali selvatici vivano l’avvicinamento ai centri abitati e agli esseri umani come “positivi”. Se vengono nutriti, si può stare certi che torneranno ad avvicinarsi all’uomo e ai paesi.
E da qui nasce anche il problema delle aggressioni alle persone da parte degli animali selvatici, della distruzione di campi coltivati o di arnie, dell’uccisione di pecore, galline e mucche.
La soluzione estrema (e ingiusta) di uccidere orsi, lupi o cervi che si avvicinano all’uomo con le prevedibili conseguenze del caso, è la più facile da attuare ma di certo la più sbagliata! Proteggiamo gli animali selvatici e la natura finché non fanno qualcosa che ci dà fastidio? E’ da folli!
Ma perché non ci domandiamo CHE COSA e CHI ha causato quei comportamenti negli animali? E’ stato un cercatore di funghi troppo curioso e superficiale, che si è avvicinato ad una mamma-orsa che voleva proteggere i suoi cuccioli?! E’ stato un turista sciocco che per scattare un selfie ha dato da mangiare patatine ad un cervo?! E’ stato un genitore che non ha impedito al suo bambino di attirare una volpe con della cioccolata (ho visto la foto su Facebook: possibile che le persone non sappiano che la cioccolata è tossica per le volpi!!!!)?! Allora di chi è la colpa: dell’animale o dell’uomo?
Esatto, Lucia! Con questo tuo commento non fai che rinforzare la mia convinzione che manchi una corretta educazione e della buona informazione su questi animali. Ecco perché in America insistono tanto sul “non dare cibo agli animali” e sul riporre ermeticamente i rifiuti tanto da non farne sentire neanche l’odore! Vero è che anche là i visitatori non sono il massimo del virtuoso, se gli scoiattoli si avvicinano senza il minore timore per elemosinare del cibo… Purtroppo ormai la situazione ci è sfuggita di mano, ma non è giusto che la paghino gli animali, appunto. Grazie del commento!