Ottana, la maschera

Ottana, la maschera

Il Carrasecare o Carnevale barbaricino è senz’altro una delle manifestazione più suggestive fra tutte quelle che si tengono in Sardegna. Io non sono mai stata particolarmente amante dei carnevali chiassosi che si svolgono generalmente nelle nostre città, tuttavia il carnevale sardo è così lontano dalla nostra concezione della festa e così intenso che, posso assicurarvi, mi ha lasciato senza parole.

Per comprendere il significato profondo di quelli che sono a tutti gli effetti rituali bisogna risalire indietro nel tempo ben oltre i Saturnalia romani, da cui comunemente si fanno discendere le feste in maschera, fino a recuperare antichi culti rurali legati al ciclo di morte e rinascita della vegetazione.  Al centro di tutto sta la divinità di Dioniso Mainoles, conosciuto dai Sardi come Maimone, il pazzo, il furioso, portatore di pioggia: secondo alcuni deriverebbe dal Dio fenicio delle acque, secondo altri, la sua origine sarebbe semitica.  Quel che è certo è che il culto è vivo ancora oggi e durante il carnevale viene rievocata la sua passione, la morte e la resurrezione Carrasecare significa letteralmente “carne da tagliare” ed è un termine che svela, già solo col suo suono aspro, la presenza nel rito  di vittime da scorticare. In ricordo del Dio, le maschere che impersonano la vittima assumono forme zoomorfe, si muovono in maniera sconnessa, emettono versi cupi accompagnate da strumenti musicali costituiti anch’essi di pelli, ossa, corna. Portano sulla schiena campanacci, necessari a scacciare il male, vestono pelli di vera capra e la loro faccia è tinta di nero col sughero bruciacchiato. Come ogni rituale di sacrificio, accanto alle vittime ci sono i carnefici, vestiti a lutto e muniti di corde e fruste. Dolores Turchi, a cui si devono gran parte degli studi antropologici sulla manifestazione, spiega che un tempo in molte di queste feste la vittima nascondeva sotto la pelle di caprone un vero stomaco animale riempito di sangue, costantemente pungolato per far sì che le gocce versate  fertilizzassero la terra. Io ho visto questa pratica solo durante la celebrazione di Lula (NU): tutte le altre maschere del carnevale barbaricino hanno eliminato questo dettaglio importante perché considerato troppo cruento. In effetti bisogna pensare che, con il Cristianesimo prima e la modernizzazione poi, il tentativo di estirpare questi riti è stato violentissimo. La persistenza di queste pratiche veniva letta come demoniaca dai padri evangelizzatori e come un segno di arretratezza culturale dal pensiero positivista. Pian piano tutte le celebrazioni sono state ricondotte nell’ambito cristiano della Quaresima e hanno abbandonato tutti quei particolari che sembravano più animaleschi. Tuttavia, sotto la patina di vernice dell’evangelizzazione il mito è sopravvissuto ed oggi, nell’epoca della fiera riscoperta delle proprie radici e della propria identità, il carnevale sardo è tornato ad incantare gli animi in tutta l’isola, in Barbagia e oltre.

Si entra nel rito con la faccia sporca di fuliggine

Si entra nel rito con la faccia sporca di fuliggine

Il carnevale in Sardegna prende avvio il  pomeriggio del 16 gennaio con i grandi falò di Sant’Antonio e tocca il suo culmine nel martedì e nel giovedì grasso.

Oltre che negli ormai celeberrimi carnevali di Oristano e di Mamoiada, si può assistere a questa festa misterica nel paese di  Aritzo, Austis, Gavoi, Laconi, Lodè, Lula, Fonni, Olzai,  Ollolai, Oniferi, Orani, Orotelli, Ortueri, Ottana, Ovodda, Samugheo, Sarule.

mamoiada, piccoli mamuthones crescono

Mamoiada, piccoli mamuthones crescono

Vi consiglio vivamente questa esperienza che vi svelerà un lato della Sardegna arcaico e misterioso per certi aspetti più seducente delle sue magnifiche spiagge.

Per consultare il calendario delle varie manifestazioni in atto vi consiglio il sito di Paradisola.

 

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